UN ASPETTO DELLA MULTICULTURALITÀ: LA MATERNITÀ

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Zegari
view post Posted on 25/5/2014, 19:52




UN ASPETTO DELLA MULTICULTURALITÀ: LA MATERNITÀ
Analizzata nel contesto dei fenomeni migratori la maternità appare come un fenomeno complesso. Ciò significa che non esiste un solo modo che possa essere considerato giusto di crescere i bambini ma tanti modi quante sono le culture. Capire i modelli di cura delle altre culture non significa importarle per utilizzarle in modo acritico come fosse una moda esotica ma stimolare una riflessione più ampia sui saperi.
Attualmente sappiamo che i primi anni di vita si inseriscono in fasi precostituite che ogni bambino passa chiaramente in accordo con le coordinate culturali e in base alle esigenze personali. Indubbiamente l’esperienza della maternità deve ricollegarsi al significato che ogni cultura attribuisce a questo momento ma comunque è un esperienza universale perché almeno potenzialmente tutte le donne possono attraversare questa esperienza. Il parto e la gravidanza infatti, sotto il profilo biologico, sono uguali in ogni parte del mondo ma ciò che li caratterizza e li diversifica sono per lo più gli aspetti culturali. Possiamo analizzare innanzitutto la cultura occidentale dove il parto è legato alla medicalizzazione e alla tecnologia. Questo provoca ansia e apprensione nelle donne che vivono la gravidanza come continua verifica, in attesa degli esiti dei controlli effettuati. Nella maggior parte dei paesi orientali, invece, la gravidanza è vista come un rituale naturale e naturale che collega la donna e il nascituro alla divinità. Interessante è il modo in cui avviene il parto in Giamaica, dove l’intero parto è collegato alla presenza della levatrice, nana. Essa funge da madre della neomamma, creando un rapporto di relazione interpersonale e continuativo. Nell’Africa orientale il parto, invece, è sotto sorveglianza di uno stregone che non farà altro che benedire la terrà in cui nascerà il bambino. Nella nostra cultura il parto, come abbiamo già detto precedentemente, è un atto del tutto medicalizzato e tutto ciò è rafforzato dalla presenza del parto cesareo che in paesi orientali dove il parto è segno dell’entrata della donna in società ed è visto come momento puramente naturale, sarebbe del tutto rifiutato. Analizzando al contrario la separazione delle donne dai propri bambini, abbiamo preso in considerazione le donne marocchine ed egiziane entrambe provenienti dalla zona del Maghreb, entrambe accomunate da una stessa religione L’islam e la stesso lingua l’arabo, vivono la separazione dal figlio come un evento traumatico, rimangono senza la possibilità di accudire e costruire la famiglia come la loro cultura prevede, cosa che tende a rendere colpevolizzante e destabilizzante il vissuto materno. Spesso si decide, almeno per le madri marocchine intervistate, di portare il figlio nel paese di origine e svolgere li tutte le feste più importanti. Le mamme marocchine dunque privilegiano la famiglia allargata perché da sicurezza e contenimento ma soprattutto perché a differenza dell’asilo è un luogo fisico e simbolico in cui vengono mantenute le tradizioni, con figure in grado di raccontare ai propri figli storie della cultura magrebina e dove la lingua araba trova il suo spazio. Il nido dunque dovrebbe configurarsi come un servizio in grado non solo di ascoltare chi viene da lontano ma anche un luogo in cui si parlano lingue diverse e che sia in grado di costituirsi come luogo di diffusione dei saperi allevanti fungendo da vera e propria rete di supporto alla genitorialità sia per le mamme italiane che quelle straniere.
 
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